Il Training Autogeno è una tecnica molto efficace nella gestione delle emozioni. Un metodo esperenziale che consente, in tempi brevi, un’esplorazione delle proprie potenzialità favorendo la riacquisizione di un positivo stato di calma, consapevolezza, efficienza.
Il Training Autogeno è un allenamento che permette un rapido recupero delle energie, l’individuazione delle emozioni “bloccate” e causa di tensione emotiva, una rivisitazione del proprio equilibrio bio-psicosomatico al fine di un suo ottimale ripristino. Questa tecnica viene considerata tra le più efficaci contro ansia, stress e problematiche psicosomatiche .
Schultz ideatore della tecnica
J.H. Schultz (Gottingen 1884 – Berlino 1970) era un dermatologo e neurologo tedesco che si occupò approfonditamente di ipnosi. Rimase colpito dalle ricerche dello studioso O. Vogt, del quale divenne amico, rivolte alla sfera bio-psicosomatica della persona. Ci troviamo nei primi anni del '900 e l’ipnosi da tempo viene utilizzata nel tentativo di curare un certo numero di disturbi dove aspetti somatici e psichici appaiono più che mai legati tra loro. L’esperienza in campo dermatologico, quella nel campo neurologico e le influenze psicanalitiche sulla vastità dell’inconscio, divengono un’importante fonte di ispirazione per la definizione del Training Autogeno.
Schultz si propone di mettere a punto una tecnica che contenga alcuni aspetti tipici dell’ipnosi ma non alcuni suoi limiti quali la “dipendenza” dall’ipnotista e la relativa instabilità nel tempo degli effetti terapeutici. La tecnica deve, pertanto, essere in grado di produrre effetti che si generino da sè attraverso l'allenamento: da qui la definizione di Training Autogeno.
La strada che portava a tale risultato passava, come nell’ipnosi, per la parola, partendo dal presupposto che il significato di un termine deve avere un suo corrispettivo nel mondo del profondo (e del simbolico) che lo rappresenta. La parola “movimento” produce una preparazione, a livello cerebrale, al movimento. La parola “calma”, adeguatamente contestualizzata all'interno del T. A., produce un analogo risultato. Se tale principio si fosse rivelato esatto, attraverso il corpo vi era la possibilità di incidere sui fattori alla base della tensione emotiva e dello stress.
Il Training Autogeno si suddivide in due parti: quello di base, definito anche degli esercizi somaticie e quello superiore, dedicato a un'esplorazione più diretta dell'inconscio. Il T. A. di base si suddivide ulteriormente in esercizi Fondamentali (pesantezza e calore) e Complementari (dal Respiro alla Fronte Fresca).
Il Training Autogeno (di base) si compone di sei formule (esclusa l’induzione della calma):
relative ad aree e funzioni corporee specifiche. Tali formule coinvolgono la tensione muscolare, la vasodilatazionecon effetti importanti sulla pressione sanguigna, la respirazione ecc. e vanno concepite, naturalmente, nei termini di un funzionamento organico. Quando si salgono le scale i muscoli si contraggono, richiedono una maggiore quantità di ossigeno, la respirazione, conseguentemente aumenta insieme alla frequenza del battito cardiaco e così via. Questo semplice esempio rappresenta il funzionamento sistemico dell’organismo: i vari organi sono cioè legati da un vincolo di interdipendenza. Le emozioni rispondono a requisiti analoghi: una situazione di paura, reale o immaginata (come succede, ad esempio, guardando un film horror) provoca l’aumento del battito cardiaco, una variazione della pressione sanguigna, del ritmo della respirazione, della tensione muscolare. Queste variazioni sono, a livello corporeo, speculari alla percezione (psichica) di un’emozione, nel caso del film horror, di paura.
Non ha senso parlare di Training Autogeno senza parlare di emozioni
Cosa sarebbe la vita senza le emozioni? Chi farebbe a meno della gioia, oppure dello stupore o semplicemente della sorpresa?
Certo rabbia, paura o tristezza sono anch’esse emozioni importanti e molte persone potrebbero pensare che sarebbe sicuramente bello poterle lasciare da parte.
Si può, tuttavia, facilmente intuire che se queste emozioni venissero escluse dal repertorio umano, qualcosa non “funzionerebbe” nella nostra esistenza, faremmo parte di una umanità a noi sconosciuta.
La rabbia, in alcuni casi, permette di porre dei limiti, o se si preferisce dei confini, alle esigenze a volte prevaricatrici altrui. La paura consente di sottrarsi a situazioni potenzialmente pericolose e la tristezza è quasi sempre una congrua, inevitabile, risposta a determinate vicissitudini della vita.
Un individuo incapace di provare tristezza rimarrebbe impassibile di fronte a qualunque dolore, con la conseguenza di risultare freddo e incapace di rapportarsi alla sofferenza, propria o altrui.
E’ chiaro, quindi, che l’uomo non può fare a meno delle emozioni nel loro insieme, e del complesso gioco di sfumature che queste producono combinandosi tra loro. Si potrebbe, anzi, dire che le emozioni sono il vero patrimonio dell’umanità, uno degli elementi che ha consentito la sua evoluzione.
Allora, forse, non si tratta di evitare o negare determinate emozioni, piuttosto fare si che non svolgano un ruolo eccessivamente condizionante, che non ci tolgano la libertà e i piaceri della vita, che non diventino, per periodi indefiniti, spiacevoli filtri della realtà ma, al contrario, risultino il propulsore dei nostri aspetti creativi.
Le emozioni sono molto più difficili da “maneggiare” rispetto ai pensieri, ai discorsi, alle capacità logico-matematiche, insomma a quel mondo che potremmo chiamare della cognizione. Si fondano, infatti, su un'altra “grammatica” alla quale si è, di solito, poco abituati e di fronte alla quale è facile provare imbarazzo o incertezza.
Una “grammatica” ereditata nel corso di alcuni milioni di anni di evoluzione, dove il linguaggio ancora non esisteva. Quando non si usava ancora la parola (non molto tempo fa rispetto alla comparsa dell'uomo sulla terra) per esprimersi era di vitale importanza intendersi sulla base di altri segnali. Per questo le emozioni sono universali, riguardano gli uomini di tutto il pianeta nello stesso modo e rappresentano, si presume, nella loro espressione, una delle prime forma di comunicazione.