Come racconta l’allestitore e curatore Michele Andrich, si tratta di una mostra evoluta rispetto alla precedente, soprattutto dal punto di vista dell'allestimento: più sobrio e lineare rispetto alla prima esposizione, ha messo ancor più in risalto la drammaticità e la poetica delle opere esposte, consentendo al visitatore di entrare più intimamente a contatto col messaggio che ognuno degli artisti intendeva trasmettere. In questa seconda edizione si son aggiunte delle nuove opere che testimoniano come il percorso proposto sia in evoluzione e co-costruzione continua.
La memoria storica dei manicomi raccontata da fotografie, dettagli di archivi, diorami e installazioni, si unisce lentamente al presente con una fila di scarpe bianche che a poco a poco si racchiudono formando un cerchio attorno ad una corda bianca, attraverso la quale un uomo e una donna decidono di fuggire. Le anime in fuga di Jole Serreli cercano e affermano la loro identità prendendo coraggiosamente distanza da un pubblico indifferenziato che osserva, così facendo ci invitano a guardare le immagini della salute mentale senza tabù e preconcetti attivando ogni nostro canale sensoriale ed emotivo.
Manicomi Aperti ha accompagnato il convegno "Senza Catene, l'orrore degli ospedali psichiatrici giudiziari" organizzato dal Comitato Stop OPG Sardegna, di cui Art Meeting fa parte, tenutosi nella sala convegni del Ghetto nei giorni 16 e 17 settembre. La mostra e le performance hanno offerto un grande contributo di sensibilizzazione sui temi della contenzione e della salute mentale, facendo irruzione nelle tavole rotonde con rappresentazioni, a tratti disturbanti e imbarazzanti, che si evolvevano di volta in volta nell’affermazione della libertà e dell’identità, quali diritti inviolabili dei cittadini e delle cittadine.
Al momento della registrazione al convegno ogni singolo partecipante è stato schedato e dotato di un kit terapeutico. Una compressa alla frutta e un guanto in vinile da indossare e successivamente immergere nella tempera colorata, per lasciare la propria impronta su una tela appesa al collo dell’artista Mike The Bidda. Ogni impronta ha contribuito a liberare le sue mani strette da un lucchetto e lasciare che quelle mani, con una pittura estemporanea, trasformassero le catene in un’altalena per il diritto alla libertà. Il quadro è stato donato all’A.S.A.R.P. come contributo per la campagna Stop OPG Sardegna.
Donne e uomini legati da un infermiere alle grate della sala convegni con delle lunghe catene di stoffa bianca, guardavano supplicanti verso il pubblico implorando di essere slegati, cercando un legame con le persone che stavano loro vicine. Dopo ore estenuanti di confusione e disagio diffuso nella sala, dove nessuno sembrava sapere come comportarsi, i giovani performers vestiti di bianco hanno sciolto i loro nodi e hanno abbracciato uno per uno i partecipanti al convegno. Il legare perde la sua accezione contenitiva per divenire accogliente ricerca di un legame con l’Altro. In una sola parola è racchiuso il senso dell’azione performativa: “legami”. Sotto la regia di Fabio Costantino Macis i performers: Marco Casto, Andrea Pilo, Michele Zucca, Enrico Steri, Fedrica Ibba, con la partecipazione speciale di Noemi Medas.
Donne e uomini in pigiama passeggiano tra le sedie, offrono compresse alla frutta, scappano improvvisamente seguiti da un signore in camice bianco. Inizia così la performance codice a barre della compagnia InAndOut Ballet diretta da Alessio Barbarossa. Una rappresentazione esplicita dell’istituzionalizzazione e dell’annientamento della personalità che attraverso un percorso di emancipazione porta al recupero della propria valigia, alla riappropriazione dei propri vestiti, della propria pelle e che si conclude con uno sbandierare, a volte timido a volte audace, le proprie carte d’identità. Quei “mattarelli”, così sono stati definiti da alcuni partecipanti al convegno, erano i danzatori Camilla Musa, Valentino Porcu e Alessio Barbarossa con la partecipazione di Paola Cogoni e Mario Cincotti.
Rita Spadola con la sua performance traccia il percorso di una donna sola soffocata dal dolore, che dopo aver compiuto un gesto estremo, sopprimendo la sua creatura e annientando la sua stessa vita, va alla scoperta della sua bambina interiore per accoglierla, restituirle spazi di espressione e guarirla dalle ferite.
“La Tua vita Normale” è il titolo della performance dei danzatori Theo Piu e Debora Fadda. “Mi vestirò di "Discrezione" e sarà questo l'abito elegante della mia presenza”, cacciato in un piccolo angolo per non dare fastidio, così il danzatore descrive la sua esperienza performativa che vuole rappresentare quel processo di normalizzazione cui le Persone sono costrette “tra fogli di carta timbrati e dimenticati” per essere accettate in una società che preme per una vita normale.
Alla chiusura del convegno sabato 17 settembre, i gomitoli della libertà hanno preso il volo dalla terrazza del Ghetto degli ebrei. Questo il gesto finale della performance di Carmen Colibazzi, artista romana venuta a Cagliari per portare il suo contributo all'evento, un'azione simbolica ma forte e decisa per rappresentare la liberazione dalla condizione di privazione tragicamente impressa in ogni forma di contenzione moderna. La fanciulla senza mani riacquista la possibilità di esercitare “la volontà di fare” di cui era stata privata. Slega le lunghe braccia della sua fiabesca camicia di forza per avvolgere faticosamente e con una meticolosa cura materna i suoi fili, fino a generarne un prezioso bozzo. La crisalide diventa VÖgelfrau e intraprende il suo lungo volo.
Ringraziamenti
Un ringraziamento speciale a Gisella Trincas e Roberto Loddo per aver creduto fin dal principio nella possibilità di rendere Manicomi Aperti parte integrante e sostanziante del convegno Senza Catene.
Francesca Fadda
Leggi rendiconto della prima edizione di Manciomi Aperti - di Alessia Mocci/oubliettemagazine http://oubliettemagazine.com/2011/06/01/resoconto-inaugurazione-della-mostra-manicomi-aperti-e-programma-settimanale-delle-performances-dolianova-ca/